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Spese trasferte estero 25: tracciabilità

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Dott. Mario Mastromarino

Spese trasferte estero 2025: tracciabilità

La legge di bilancio 2025 ha introdotto importanti novità in materia di rimborsi spese ai dipendenti, imponendo che, per poter beneficiare dell’esenzione da imposizione fiscale (per il dipendente) e della deducibilità del costo (per l’impresa), le spese rimborsate debbano essere state sostenute con strumenti di pagamento tracciabili.

Tale obbligo è sancito da una lettura congiunta:

  • dell’art. 51, comma 5 del TUIR, che disciplina la non imponibilità dei rimborsi per vitto, alloggio, viaggio e trasporti pubblici non di linea, e
  • dell’art. 95, comma 3-bis del TUIR, recentemente introdotto, che ne vincola la deducibilità all’uso di strumenti tracciabili.

Questa previsione normativa, seppur ispirata a finalità di contrasto all’evasione fiscale, rischia di creare situazioni di doppia imposizione economica quando la condizione della tracciabilità non risulta oggettivamente realizzabile.

L’Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti (AIDC), in un documento “focus n. 1/2025”, evidenzia infatti che l’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili può risultare oggettivamente impossibile in diversi contesti internazionali:

  • In Paesi con sistemi bancari poco sviluppati, dove il pagamento elettronico non è diffuso né accettato;
  • In situazioni contingenti, anche in Paesi avanzati, in cui il pagamento tracciabile non è tecnicamente possibile;
  • Quando il fornitore è straniero, e quindi fuori dal perimetro giurisdizionale del fisco italiano, rendendo inefficace il controllo antievasione.

In tali casi, l’obbligo generalizzato di tracciabilità appare sproporzionato rispetto alla finalità della norma, poiché il rischio di evasione fiscale da parte del contribuente italiano è inesistente o comunque non rilevante.

Alla luce di queste considerazioni, l’AIDC richiama il principio di proporzionalità previsto dall’art. 10-ter dello Statuto del contribuente, secondo cui gli obblighi a carico del contribuente devono essere coerenti e non eccessivamente gravosi rispetto agli obiettivi perseguiti dal legislatore.

In base a questo principio, si ritiene legittimo escludere l’obbligo di tracciabilità nelle situazioni in cui:

  • la documentazione tracciabile non è materialmente acquisibile;
  • l’obbligo non produce effetti utili ai fini del contrasto all’evasione;
  • gli oneri per rispettarlo risulterebbero sproporzionati per il contribuente.

In concreto, ciò significa che la spesa può essere dedotta dal reddito d’impresa e non concorre alla formazione del reddito del dipendente, anche in assenza di documentazione tracciabile, qualora venga dimostrata l’impossibilità di ottemperare all’obbligo.

Casi di esclusione automatica dall’obbligo

Il documento dell’AIDC individua alcune tipologie di spesa per le quali l’obbligo di tracciabilità non si applica già in modo strutturale:

  1. Trasporti pubblici di linea, come metropolitane, autobus, treni e aerei, sono esclusi per espressa previsione normativa.
  2. Parcheggi e soste, che restano disciplinati dalla risposta AE n. 5/2019, la quale non impone tracciabilità per la deducibilità.
  3. Spese documentate inferiori alle soglie dell’art. 51, comma 5 TUIR, che non concorrono al reddito del dipendente e non ne compromettono la deducibilità per l’azienda, anche se prive di documentazione tracciabile.

Impatti operativi per le imprese

Per le spese che rientrano nella nuova disciplina, le imprese devono attuare procedure di raccolta e conservazione della documentazione tracciabile, come:

  • estratti conto bancari o delle carte aziendali;
  • ricevute elettroniche;
  • scontrini o ricevute con indicazione esplicita di “pagamento elettronico”.

Nel caso di rimborso delle spese sostenute direttamente dal dipendente, è necessario acquisire prove documentali a supporto della tracciabilità. In alternativa, qualora non sia possibile acquisire tale prova, si può valutare l’esclusione dell’obbligo alla luce delle condizioni già viste.

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