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Sopravvenienze attive: Cassazione su tassazione

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Dott. Mario Mastromarino

Sopravvenienze attive: Cassazione su tassazione

Con la sentenza n. 13369 del 20 maggio 2025, la Corte di Cassazione interviene in ambito di tassazione della sopravvenienza attiva ai fini delle imposte sui redditi, offrendo una lettura chiara e coerente dei principi contabili e fiscali.

Secondo la Suprema Corte, se in seguito ad una vertenza il Giudice riconosce un credito o disconosce un debito, il relativo componente positivo di reddito diventa imponibile nell’esercizio in cui viene depositata la sentenza, e senza dover attendere la definizione della Sentenza, a meno che l’efficacia esecutiva del provvedimento sia sospesa.

Il caso oggetto della pronuncia

La vicenda da cui origina la decisione riguarda una società che aveva contestato alla banca l’addebito di interessi ritenuti anatocistici, ovvero calcolati sugli interessi già maturati. La società ha avviato un contenzioso per l’accertamento negativo del debito e per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate. Dopo aver ottenuto esito favorevole in primo grado, la sentenza è stata confermata anche in appello e depositata il 25 giugno 2009, diventando definitiva nel 2010.

Il dies a quo rilevante per la imposizione

La Cassazione ha ribadito che l’esercizio in cui tassare la sopravvenienza attiva è quello in cui il reddito diventa certo e obiettivamente determinabile, in linea con quanto previsto dall’art. 109 del TUIR (già art. 75). In altri termini, il deposito della sentenza rappresenta il dies a quo per l’iscrizione in bilancio e per la conseguente imposizione fiscale, indipendentemente dal passaggio in giudicato, salvo che l’efficacia della sentenza sia sospesa.

Questa interpretazione trova conferma in precedenti giurisprudenziali (Cass. n. 3901/2023, n. 24580/2022, n. 1508/2020, n. 20608/2023), che riconoscono l’importanza del principio di certezza giuridica per il riconoscimento dei componenti reddituali.

Rilevanza contabile e prudenza gestionale

Il principio sancito dalla Cassazione si colloca perfettamente all’interno della logica contabile: un provento deve essere iscritto solo quando è certo e quantificabile. Tuttavia, è anche riconosciuto che gli amministratori mantengono un margine di prudenza, potendo:

  • Effettuare accantonamenti per eventuali perdite future in caso di ribaltamento della sentenza nei successivi gradi di giudizio;
  • Svalutare il credito ai fini di una rappresentazione più conservativa del risultato economico.

Gli eventi successivi

Se nei successivi gradi di giudizio l’esito fosse sfavorevole al contribuente, è sempre possibile iscrivere una sopravvenienza passiva per correggere l’effetto reddituale iniziale. Questo meccanismo garantisce una certa flessibilità e tutela il principio della competenza economica, evitando distorsioni nel calcolo dell’imponibile.

È importante anche considerare situazioni in cui la sopravvenienza attiva non possa essere rilevata per impedimenti giuridici o fiscali, come ad esempio:

  • la presenza di debiti tributari preesistenti che impediscono un rimborso effettivo (Cass. n. 13948/2008);
  • la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza nel corso del giudizio di appello o di cassazione.

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